lunedì 12 marzo 2012

A scuola dallo stregone, gli insegnamenti di Don Juan - Carlos Castaneda


Gli insegnamenti di Don Juan, Carlos Castaneda, Ed. Rizzoli
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Una mattina di circa tre settimane fa, davanti ad un camino con l’immancabile tazza di tè, mi sono ritrovata a discettare amabilmente, con la mia brillante collega e sua madre, di brujeria (volgarmente detta magia. Ora voi vi starete interrogando su quali strane misture componessero la miscela del nostro tè... è del tutto lecito da parte vostra). Per essere precisi è cominciata con M (la mamma) che mi parlava delle interessanti letture fatte alla nostra età, negli anni settanta (che gran periodo!), e, fra un libro e l’altro, accennò timidamente che uno dei suoi scrittori preferiti dell’epoca era Carlos Castaneda. Mi disse che la lettura del primo dei suoi libri "A scuola dallo stregone" (successivamente intitolato "Gli insegnamenti di Don Juan") l’aveva completamente affascinata, facendole scoprire un mondo a lei completamente sconosciuto.
Data la mia vasta e totalmente ingiustificata ignoranza su tale argomento, mi spiegò che Castaneda - di origini peruviane, naturalizzato statunitense - era stato uno scrittore/antropologo vissuto fra il 1925 ed il '98 che, nel periodo in cui preparava la sua tesi di laurea alla facoltà di Antropologia, decise di intraprendere una ricerca sul campo che lo portò a conoscere il brujo (stregone) indiano Yaqui, Don Juan Matus.

Chiesi subito ad M di prestarmi questo libro, costringendola ad una ricerca affannosa, che alternava stati di ansia e panico, con conseguenti corsette isteriche in giro per la casa (il libro aveva deciso che non voleva farsi trovare).
Dopo circa mezz’ora, tutta felice e trionfante, me ne tornavo a casa con questo libro dalla copertina consumata fra le mani.


Mi sento in dovere di chiedere precedentemente venia e vi prego di non volermene. So di non essere la persona più adatta a recensire un libro che tratta una materia a me fino a poco tempo fa quasi del tutto sconosciuta - non che ora la cosa sia cambiata. Cercherò semplicemente di darvi un'idea generale degli argomenti trattati, sperando di farvi prendere in considerazione l’idea di leggerlo.

Pubblicato per la prima volta nel 1968, il libro ci racconta le esperienze dello scrittore vissute fino al '64, ed è come lui stesso afferma: "Il risultato di una ricerca antropologica svolta direttamente sul campo, condotta in Arizona e nello stato di Sonora, in Messico".
È l’estate del 1960 quando Castaneda, studente di antropologia all'università della California, comincia una ricerca sulle piante medicinali usate dagli indiani che vivono nella regione sud-occidentale degli Stati Uniti; durante uno di questi viaggi, un amico fa in modo che conosca un vecchio indiano esperto di piante: Don Juan Matus.
L'approccio iniziale fra i due non è dei migliori, non è facile far incontrare due culture, due modi di vedere il mondo e la vita così distanti fra loro. Castaneda, irritato per la reticenza che Don Juan mostra inizialmente nel non rispondere alle sue pressanti domande, prende più volte in considerazione l’idea di lasciar perdere questa nuova ricerca. Con il passare del tempo si instaura però fra i due un rapporto mentore-allievo, basato sulla fiducia e l’amicizia reciproca.
Quella che Don Juan cerca di trasmettere al suo allievo, è la conoscenza dell’universo conoscitivo dei brujos messicani, chiamata anche cognizione.
Il racconto delle molte esperienze vissute per diventare brujo, ci mostra la presa di coscienza di sé anche attraverso l’utilizzo di alcune piante allucinogene come il peyote, chiamato dagli allievi: mescalito.
Questa pianta suscita fin dall’inizio (è anche il primo argomento di conversazione fra Don Juan e lo scrittore ) grande interesse in Castaneda, che spende gran parte del suo tempo nello studio e la pratica delle tecniche di preparazione di questa.
Le avventure (disavventure??) narrateci scorrono lineari lungo le 300 pagine senza stancare mai, procurandoti anzi, spesso, crisi asmatiche dovute al troppo ridere - epica, almeno per me, la scena in cui il nostro diligente apprendista si ritrova, sotto effetto di peyote, a rincorrere completamente nudo un povero cane, tentando di fargli la pipì addosso (in realtà il mescalito stava giocando con lui ed è quindi azione del tutto logica et normale...). Finirete con l'adorare il povero Don Juan che sopporta con immensa pazienza un allievo iperattivo che alterna momenti di puro panico a momenti di esaltazione quasi infantile.
E se per puro caso la vostra insegnante vi dovese sorprendere a leggerlo durante luuuunghissime ore di lezione, non meravigliatevi se questa vi guarderà con un sorrisone stampato sulla faccia ed uno sguardo complice alla "so di cosa stiamo parlando ragazza".

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